13.
La confezione di un delitto
L’occhio del figlio della signora Barduchon era enorme e spalancato, e sembrava una medusa a mollo in uno specchio d’acqua tropicale. Fissava la scatola di cartone azzurro al centro del tavolo attraverso una gigantesca lente dorata.
Tutti gli altri investigatori, stretti intorno a lui, tacevano, in religioso silenzio.
Dopo un’indagine minuziosa, che parve interminabile, l’antiquario appoggiò la lente con un sospiro e si sedette pesantemente su una delle sedie intorno al tavolo, inforcando la sua pipa spenta fra i denti.
Si levò un coro di domande.
— Allora?
— Che cosa ha scoperto?
— Qual è la sua idea?
Ma, poiché Barduchon si ostinava a mantenere un silenzio impenetrabile, le domande a poco a poco cessarono. Sul tavolo erano stati disposti tutti gli oggetti appartenenti al signor Deloffre che la squadra di investigatori dilettanti aveva raccolto. Oltre alla scatola di cartone azzurro, c’era quella della tipografia, che conteneva un paio di occhiali da lavoro, otto matite, un temperamatite, due pennarelli rossi e uno nero, una cinquantina di volantini dell’agenzia viaggi Sartou, una pila rotonda, una pila quadrata, il sottobicchiere di un bar di Biarritz, una cartolina della stessa località marittima e una radiolina.
Annette teneva la penna pronta sulla pagina bianca del suo taccuino. Fabò aveva la testa incassata fra le spalle. Lalou tamburellava nervosamente con le dita. L’avvocato Janvier si tormentava i baffetti. La signora Barduchon ricamava un centrino a punto croce (diceva che l’aiutava a concentrarsi). Victor era l’unico in piedi e dava la schiena agli altri con finta indifferenza, salvo poi osservare ogni cosa da sopra la spalla.
— Questa confezione conteneva una bottiglia! — dichiarò di punto in bianco il figlio della signora Barduchon, come un attore che sceglie il momento perfetto per una battuta.
Fu come se, di colpo, si fosse aperta una diga.
— E ci ha messo un quarto d’ora per scoprirlo?
— Si vede lontano un miglio che è una confezione per bottiglie!
— Per forza! Se la apri, c’è la sagoma di una bottiglia!
— E bravo il nostro Sherlock!
— L’avessi saputo, l’avrei filmato e messo su YouTube!
— Signor Barduchon, mi meraviglio di lei!
Il figlio della signora Barduchon impiegò un paio di minuti per riportare la calma fra gli altri investigatori.
— Signori! Signori! Silenzio... per favore! Vediamo di capirci! È chiaro che si tratta di una confezione portabottiglie. Quello che è meno chiaro è se presenta impronte visibili o tracce che ci indichino il suo contenuto!
— Sveglia, Barduchon! — intervenne Victor. — Il contenuto è chiarissimo: una bottiglia di sidro avvelenato!
— E come fa a dirlo, signor Cormolles?
— I Bloch vengono avvelenati con una bottiglia di sidro. Deloffre sostiene di non aver avuto sidro in casa. Il finto postino gli porta una confezione che, guarda caso, contiene proprio una bottiglia. Ed ecco come arriva il sidro in casa Deloffre!
— Volevo dire, signor Cormolles, come fa a dire che il sidro fosse già avvelenato quando è stato portato dal finto postino?
Victor soppesò l’osservazione dell’antiquario. — Ha ragione. Questo non possiamo dirlo.
— Quello che possiamo dire — riprese il figlio della signora Barduchon — è che, intorno alle cinque e mezzo del giorno in cui i Bloch vengono trovati morti, qualcuno consegna a casa del signor Deloffre una scatola che contiene una bottiglia...
— ...Presumibilmente di sidro... — puntualizzò l’avvocato Janvier.
— ...Presumibilmente di sidro, che viene poi bevuto, circa mezz’ora più tardi, dai coniugi Bloch. A quel punto, la bottiglia di sidro contiene sicuramente una dose mortale di acido prussico.
Nello studio verde si accese un chiacchiericcio alimentato da quesiti, idee e ipotesi che i detective di vicolo Voltaire si scambiavano animatamente.
A un certo punto, la voce stentorea dell’avvocato Janvier sovrastò quelle degli altri. — Aspettate, qui c’è un dettaglio che non mi torna.
— E sarebbe a dire, avvocato? — chiese il figlio della signora Barduchon.
— Semplicissimo: chi ha portato la spazzatura fuori dalla casa di Deloffre? Di sicuro non i Bloch che da quella casa non sono più usciti vivi...
— Ma è chiaro! È stato Deloffre.
— In questo caso allora deve essere davvero lui il colpevole...
— E perché mai?
— Chi avrebbe la freddezza di pensare alla spazzatura con due cadaveri in casa? Solo l’assassino!
— Spiacente di rovinare la sua teoria, avvocato — intervenne Annette con un sorriso saputo. — Ma le cose non sono andate così.
— E tu sai come sono andate?
— Beh, diciamo che a un certo punto, ieri sera, papà si è alzato per andare a rispondere al telefono. Si dà il caso che avesse il portatile acceso, con i suoi appunti... E si dà anche il caso che io passassi di lì proprio in quel momento e...
— Diavolo di una ragazzina! E cos’hai scoperto?
— Beh, interrogando gli inquilini del palazzo è venuto fuori che una certa signora Grichet, che ogni tanto aiuta Deloffre nelle faccende di casa, è entrata per dare una pulita proprio il giorno del delitto. Ma ha trovato i Bloch, che in quel momento erano ancora vivi e vegeti, e si è limitata a prendere il sacco della spazzatura, che era quasi pieno, ha salutato ed è scesa giù.
— Forse il signor Bloch aveva appena scartato la bottiglia e gettato la confezione nella spazzatura... — mormorò Janvier.
— Confezione che noi abbiamo trovato fra i rifiuti di Deloffre.
— Dettaglio importante! — sottolineò il figlio della signora Barduchon.
— C’è ancora un problema, però — aggiunse Janvier. — Secondo Valadieu, l’avvocato del nostro caro amico Deloffre, il suo cliente insiste di non sapere niente di questa bottiglia. Di non averla mai vista prima. Per quanto ne sa lui, se la sono portata i Bloch, i proprietari dell’appartamento!
Fabò scoppiò a ridere. — Questa, poi! Si portano la bottiglia avvelenata, si siedono a tavola e se la bevono? Tutti convennero che era un’ipotesi ridicola.
— Un’altra cosa — intervenne di nuovo l’avvocato Janvier. — Sempre secondo Valadieu, Deloffre ha raccontato che ogni tanto, prima di perdere il lavoro, lui e il signor Bloch si bevevano un bicchiere di sidro insieme. Anche il suo padrone di casa, infatti, aveva un debole per quella bevanda.
— Allora i Bloch potrebbero aver portato la bottiglia per brindare con Deloffre, magari per convincerlo che non erano tanto arrabbiati per il ritardo nel pagamento dell’affitto... — ipotizzò Fabò. — A quel punto Deloffre l’ha avvelenata... e via! Stecchiti.
E come spieghi il finto postino della cinque e mezzo e questa scatola azzurra? La portinaia l’ha visto, e ha visto la scatola. E la scatola era nella spazzatura.
— Giusto — concordò il figlio della signora Barduchon. — Dobbiamo scoprire chi l’ha portata a casa di Deloffre. E perché.
— Forse io lo so — sorrise a quel punto Annette controllando il suo taccuino. Cinque paia di occhi si puntarono sulla ragazzina.
— La bottiglia poteva essere un regalo. Sappiamo tutti che Deloffre amava il sidro. E, quando si vuole fare un regalo a qualcuno, si cerca di comprargli qualcosa che piaccia, soprattutto se è un amico. Deloffre aveva un amico, che è scomparso recentemente... Forse è stato lui a mandargli la bottiglia. Magari l’ha ordinata prima di morire... ed è arrivata solo qualche giorno fa...
— L’amico, è vero!
— Ce ne siamo dimenticati...
— Come si chiamava?
— E quand’è morto?
Si accorsero che non lo sapevano con precisione. E furono d’accordo con Annette che era un’informazione tra le più importanti da scoprire per poter proseguire nell’indagine.
— Credo che l’unica persona in grado di aiutarci a rintracciare questo amico, a parte Deloffre, è di nuovo il tizio della tipografia — disse Lalou. — Ma, se volete che vada a chiederglielo, dovrete aiutarmi a pagare cento manifesti... perché altrimenti si insospettirà.
Furono tutti d’accordo e raccolsero rapidamente la somma necessaria.
— Signori? — domandò a quel punto il figlio della signora Barduchon. — Vediamo di chiarirci le idee... Secondo voi Deloffre ha ucciso i coniugi Bloch?
— Naaaaaa — disse Fabò scuotendo energicamente il capo. — Non si può fare gli assassini, con un cappello come il suo...
— E poi qualcuno ha provato a uccidere lui! — ricordò Annette.
— Ma se non è stato lui chi è stato? — si domandò la signora Barduchon.
L’avvocato Janvier appoggiò entrambe le mani sul grande tavolo scuro.
— Non aspettiamoci che sia la polizia a trovare la risposta. Con tutto il rispetto per vostro padre, ragazzi, se vogliamo risolvere l’enigma di questa strana bottiglia avvelenata, non dobbiamo più trascurare niente. Ci servono informazioni. Sui vicini di casa di Deloffre, sulle sue amicizie e poi, naturalmente, sui coniugi Bloch, i padroni di casa. Ci sono molte domande alle quali dobbiamo rispondere: chi, oltre a Deloffre, poteva volerli morti? C’erano altri, fra i tanti affittuari delle loro case, che erano indietro con i pagamenti? E, soprattutto, perché lo stesso Deloffre ha rischiato di essere ucciso? —. Le domande dell’avvocato Janvier risuonarono nello studio verde che, di lì a pochi minuti, rimase vuoto, immerso nel buio della sua esistenza segreta.
I detective di vicolo Voltaire tornarono tutti quanti alle rispettive case. A elaborare una strategia investigativa per quel rompicapo che ormai chiamavano “il caso Deloffre”.